L'itinerario del tempo: alla scoperta delle campane cervesi
Per chi suona la campana a Cervia?
Il tempo cervese scandito dalle sue campane
Le campane
Un elemento al quale oggi forse si fa a malapena caso, ma se ci si pensa, le campane sono state per più di un millennio un elemento fondamentale per la scansione del tempo e delle attività dell’uomo.
In questa mappa di comunità, l’intento è cercare di riscoprire questa tradizione antichissima e, a seconda del contesto in cui ci si poteva trovare (in città o in campagna), il loro utilizzo in termini di codici di suono poteva essere differente.
Cervia come tante altre città ha campane che si inseriscono in diversi contesti: civico, parrocchiale, monasteriale, e della cattedrale e a seconda di queste differenziazioni, i bronzi suonavano per indicare diversi momenti del quotidiano.
L'itinerario
L'itinerario ha inizio dalla campana della Torre San Michele, continua nella zona centrale di Cervia passando prima da Piazza Garibaldi e poi verso la chiesa di Sant'Antonio da Padova. Infine, prima di arrivare all'ultima tappa, alla Pieve di Santo Stefano a Pisignano, il tour fa tappa alla chiesa della Madonna della Neve.
Prima tappa: il tempo dell'allerta
La campana della Torre San Michele
La Torre San Michele di Cervia è una torre costiera di fine Seicento, in origine avente funzione militare e residenziale, situata in prossimità della costa per presidiare e difendere il porto e il sale stoccato nell’adiacente magazzino, sale della cui produzione e commercio la città era ed è tuttora il crocevia adriatico. La sua costruzione si deve all’allora tesoriere della Legazione di Romagna, conte Michelangelo Maffei , genovese, che ricoprì la carica dal 1682 al 1703, considerato a buon conto il fondatore della nuova Cervia. La struttura architettonica di questa piccola ma robusta fortezza a pianta quadrata di 13 metri e alta 22, ha subito variazioni nel corso dei secoli, e ciò che è attualmente visibile in parte non è il frutto del progetto originario. Non possiamo vedere, per esempio, la scala con ponte levatoio che portava all’ingresso, allora situato al primo piano e demolita nel 1862 dopo la costruzione del nuovo Ponte delle Paratoie, né la piazza d’armi scoperta con la garitta di guardia posta dove ora si trova il tetto, e neppure lo stemma di papa Innocenzo XII, rimosso durante il periodo napoleonico dalla fascia sovrastante l’architrave della porta principale, su cui resta soltanto il bassorilievo raffigurante San Michele Arcangelo nell’atto di trafiggere il demonio sotto forma di drago con sembianze umane. Per quanto riguarda gli interni, su una poderosa fondazione realizzata in tronchi di pino, si sviluppavano il piano terreno adibito a cucine e altri cinque piani di camerini destinati al personale militare, collegati tra di loro da una fitta rete di scale a chiocciola. Nel parapetto, ad ogni lato, vi era una balestriera, sopra una delle quali, dalla parte del Magazzino del sale, vi era un campaniletto a vela con relativa campana.
Per chi suonava la campana?
Della campana ad oggi non ci rimane nulla, ipoteticamente si può immaginare fosse di grandi dimensioni essendo in cima ad una torre piuttosto alta, doveva poter farsi udire a grandi distanze, probabilmente è stata fusa mentre la torre era in costruzione (1689-91), come vi è la possibilità che fosse stata donata alla torre da uso precedente. Probabilmente veniva suonata sia a distesa che a martello per dare gli allarmi, che potevano essere sia di natura bellica (attacchi pirateschi) che di altro genere (rapine, incendi, alluvioni e tempeste).
Seconda tappa: il tempo civico
Le campane del palazzo comunale
Gli orologi da torre iniziarono ad apparire nelle città italiane nel Basso Medioevo, quando il tempo incominciò ad essere misurato in 24 ore di durata uguale tra loro. Questa esigenza, fu mossa anche grazie ad una figura che in quel momento storico vide la propria ascesa nella società: il mercante. Questa modalità risulta più congeniale alle nuove forme di vita urbana, e soprattutto all’attività mercantile, che ha bisogno di tempi molto puntuali e precisi sia per la consegna delle commesse, sia per l’erogazione del denaro.
La torretta dell’orologio del palazzo comunale di Cervia fu eretta la prima volta nel 1732 dal capomastro Gaetano Miserocchi, anno della costruzione del nuovo orologio, in quanto quello di Cervia Vecchia era inutilizzabile. La torretta in seguito a polemiche riguardanti la sua costruzione architettonica difettosa e costi elevati di manutenzione, fu ricostruita nei primi dell’Ottocento ed è quella che ancora oggi domina la piazza cervese.
Per chi suonava la campana?
Le campane erano due, una di particolare nota, la grande era stata fusa nel 1600 a Imola. Dalla torretta le due campane solennizzavano i grandi avvenimenti, le feste municipali, segnavano le ore e i quarti con l’orologio, chiamavano alla seduta pubblica i consiglieri comunali, davano l’allarme in caso di incendio, comunicavano ai ragazzi e genitori due volte al giorno l’ora per recarsi alla scuola pubblica.
Durante la guerra 1915-18 per dare l’allarme si davano dieci tocchi sulla campana grossa e cinque per cessarlo, dalla seconda guerra questa funzione verrà adoperata dalla sirena della Salina detta fis-ciona. Le campane della Cervia Vecchia furono, calate dalla torretta, spezzate con l’uso di mazze e spedite all’Ente Rottami di Milano come bronzo per la patria il 26 marzo 1942. Le campane furono ripristinate nella torretta nel 1950.
Terza tappa: il tempo della cattedrale
Le campane della cattedrale
Il campanile, fu eretto mezzo secolo dopo il completamento della Cattedrale (1760 circa) su mandato del vescovo Gaspare Pizzolanti, che resse la cattedra cervese per otto anni. Il progetto architettonico è attribuibile al perito-architetto ravennate Antonio Farini. Le campane che tutt’oggi fanno sentire la loro voce dal campanile sono cinque, fuse nel 1847 dai fratelli Angelo e Giuseppe Balestra di Cesena, il 9 settembre dello stesso anno furono benedette da monsignor Tamburini, issate sul campanile e suonate per la prima volta all’unisono il 13 settembre. In origine i sacri bronzi erano tre, e furono calati e sostituiti sempre nel 1847, dato che le campane riportarono danni che ne compromisero il suono.
Per chi suona la campana?
Le campane oltre a servizi strettamente legati al culto, venivano usate anche per altri fini, come segnare le ore canoniche del giorno, o lo stato del tempo (dopo l’ave Maria del mattino: un tocco per il sereno, due per il nuvoloso, tre se pioveva, quatto se nevicava), oppure per comunicare (con tocchi diversi se uomo o donna) che un fedele aveva ricevuto l’Olio santo ed era in agonia. Più anticamente vi era inoltre l’usanza di suonare a “distesa” il campanone, per tre volte, quando un temporale avanzava minaccioso, dato che si riteneva che le onde sonore avessero la facoltà di stemperarlo. Uno dei campanari che viene ricordato è Francesco Belletti il sacrestano. I tocchi dell’Ave Maria di notte etc. (3,5,7,1) erano di sua esclusiva competenza, mentre per altre suonate come i doppi, occorreva l’aiuto di altri campanari al quale rammentava “Atenti a no lasseè tropa lenta la corda quand l’altorna so” oppure “No fasì e sèlt par farmela” perché il rischio c’era, soprattutto quando si suonava il campanone o la mezzana, di ritrovarsi la corda intorno al collo a causa della fune troppo lenta, o di andare a sbattere contro il soffitto nel salto finale per fermare le oscillazioni. Si narra che ad una Vigilia di Pasqua, verso il 1890, alle 11:30, quando venne il momento di slegare le campane, che erano state silenziose per tutto il triduo pasquale, il sacrestano ed i suoi aiutanti una volta iniziate a tirare le funi, rimasero atterriti dal constatare che le campane non suonassero. Fecero un rapido controllo salendo sul campanile e videro con sorpresa che alle campane mancavano i battagli. Nei giorni in cui erano state silenziose, una banda di “apaches” salirono clandestinamente sul campanile e rubarono i battagli alle campane, che gettarono nel canale, dopo la porta Ravenna dal ponte. Una volta smascherati, e indicato il punto dove i battagli erano stati gettati, furono ripescati e rimessi al loro posto, cosicché la Cattedrale potesse riprendere a diffondere la sua potente voce.
Quarta tappa: Il tempo monastico
Le campane del convento di Sant'Antonio da Padova
Il primo convento, con chiesetta annessa, fu edificato nel 1703. Seguì poi la chiesa presente tutt’ora, terminata nel 1741. Il campanile con molta probabilità, fu eretto dopo il periodo napoleonico, nel periodo immediatamente successivo al ritorno dei frati avvenuto nel 1824.
Risalgono infatti al 1828, le prime notizie di un trio campanario, sostituito nel 1833 da uno definitivo in quanto le prime campane furono ritenute di dimensioni troppo piccole. I tre bronzi dopo 109 anni di onorato servizio, nel marzo del 1942, furono calati dal campanile e brutalmente fatti a pezzi, ed inviati a Milano come bronzo per la patria. Durante quel periodo furono sostituiti da una campana prelevata dalla vicina chiesa del Suffragio. Finalmente a mezzogiorno del 13 maggio 1953, la voce di questo convento tornò a risuonare verso il cielo.
Per chi suona la campana?
I monaci hanno correlato un linguaggio universale al suono delle campane nella civiltà occidentale: il segno delle ore liturgiche è stato nel contempo ascoltato anche come segno delle ore della giornata umana di lavoro. Preghiera e lavoro si sono così fuse perfettamente, come appare anche nella sintesi della regola benedettina: ora et labora. Nel contempo il suono delle campane monastiche ha avuto anche un valore teofanico, in quanto ha permesso di innalzare gli animi verso la contemplazione di Dio e della sua divina bellezza e nel contempo ha garantito un ritorno della mente nelle vicende del mondo per porre una precisa diacronia nei momenti della vita quotidiana, ritmati dal ricordo delle immagini celesti recitate con il ripetersi dei salmi e delle preghiere dell'ufficio divino. Infine le campane e i loro suoni hanno avuto per i monaci una forte valenza sociale in quanto segnalavano non solo i pericoli, del fuoco, delle alluvioni, delle scorrerie di predoni, ma anche i momenti di gioia delle comunità monastiche, a cui erano legate le società rustiche dei servi e dei coltivatori abitanti nei villaggi e nei castelli circostanti.
Quinta tappa: il tempo della vecchia Cervia
La campana originale della chiesa della Madonna della Neve
L’edificio religioso della Madonna della Neve, insieme al santuario della Madonna del Pino sono gli unici edifici pervenuteci intatti dalla Cervia Vecchia. La Madonna della Neve, il cui culto risale addirittura all'epoca romana, da sempre celebrato nella notte tra il quattro e il cinque agosto, era per i salinari patrona del loro lavoro, protettrice contro il maltempo e propiziatrice di una buona estate, da cui dipendeva l'abbondanza di raccolto dell'oro bianco.
Nel 1603 i Capponi, tesorieri di Romagna di origine fiorentina, decidono insieme al vescovo Bonifacio Bevilacqua di erigere un piccolo santuario in onore della Madonna, proprio sull'ingresso di Porta Ravenna, dalle linee semplici, sobrie e modeste, e di collocarvi all'interno, proprio sull'altare, la tavoletta lignea dipinta da Barbara Longhi (1552-1638), assiduamente venerata e tuttora conservata nella chiesa, seppur in precarie condizioni. Nell’attuale chiesa della Madonna della Neve ricostruita nel 2007, nel quartiere della Malva Nord, è conservata nella sacrestia la presunta campana risalente alla chiesa originale. Il sacro bronzo di piccole dimensioni, è datato 1611 (quindi come periodo coincide con la data in cui la chiesa era stata appena costruita); la campana presenta sul bordo l’immagine del Crocifisso e una figura che ricorda una presenza vescovile.
Per chi suona la campana?
Questa campana è stata testimone del massiccio passaggio della città vecchia a quella nuova dalla sua posizione sopraelevata come un testimone silenzioso ha potuto osservare come la città venisse smontata: case, chiese, palazzi. Chissà durante la sua esistenza, quante persone ha chiamato a sé per le funzioni religiose, ma anche partecipe di spiacevoli eventi come il suonare per le persone che morivano di malaria o il rintoccare a martello per avvertire di un pericolo imminente come un incendio o scorrerie di banditi.
Sesta tappa: il tempo in campagna
Le campane della Pieve di Santo Stefano a Pisignano
La Pieve di Pisignano fu costruita probabilmente nel X secolo su di un’alta duna, al confine della centuriazione romana cesenate. Nel 1512 dopo la battaglia di Ravenna combattuta tra francesi e spagnoli, la pieve fu distrutta dalle soldataglie sbandate e poi riedificata dalle monache neti. Nei secoli successivi la pieve fu deturpata con sovrastrutture baroccheggianti, finalmente, ripristinata al suo originario aspetto romanico con due restauri (1911-12 e 1979-82), per l’interessamento dei parroci don Romualdo Turchetti e don Giuseppe Senni e grazie all’opera della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici. Questa ha posto la pieve nel 1993 sotto la sua tutela, come bene di interesse storico artistico. Il nome pieve deriva dal latino plebs-plebis = popolo. Una prima menzione sulle campane di questo edificio sacro risale al 1088, quando vi furono degli aspri conflitti tra i ravennati ed i cesenati, per odio misero in catene l’arciprete di Bagnile e di Pisignano, dopodiché furono rotte le campane delle suddette chiese, prima che i due uomini fossero portati legati a Cesena. “Rompere le campane”, oggi ci può sembrare un gesto di nessun significato particolare, ma in un Medioevo dove questo corredo sacro regolava la quotidianità delle persone rappresentava pienamente e metaforicamente il senso di comunità, spezzarle, distruggerle, era come una sorta di colpo basso per la collettività.
Per chi suonava la campana?
Negli ambienti rurali le campane per secoli hanno svolto pressoché le stesse funzioni, con piccole eccezioni nelle modalità di suono a seconda della regione geografica. Esse scandivano le ore, e connesse ad esse chiaramente anche i turni dei lavori nei campi, quando i turni di lavoro erano davvero lunghi e massacranti. Una funzione interessante e quasi esoterica, connessa strettamente alle credenze popolari era che se le campane venivano suonate prima di un temporale, esse lo avrebbero disperso grazie alle onde di suono, che come un vento scacciavano il mal tempo verso altre direzioni, in tal modo il raccolto era salvo. Altre funzioni erano quelle classiche del tempo ecclesiastico: battesimi, funerali, matrimoni ed eventuali messe festive e feriali.
Questa mappa di comunità, dedicata alle campane del territorio, fa parte delle iniziative dell'Ecomuseo.