Marinér, di Tolmino Baldassari
Marinér
I pscadur ai ciamèma marinér:
j éra qui de' Bòrg d'Marena
ch' l'è a la mân drta de' canêl de' pôrt.
Ló j armastéva in mêr nench piò d'un dè
e u si faséva nöta.
Al piò vôlti lapesca l'éra mêgra
mo l'éra fësta cvânt ch'l'andéva ben.
Nenca pr al dòni j éra sacrifizi
e pr i babin ch'j avéva fâma.
E u j éra al rëdi da masé
e véli da cusi.
Me da babin tot cvest a ne savèva
e adës lasì ch'a dega
ch'a num so piò sminghê
da cvânt ch'a l'ò savù.
Lasì ch'a dega nenca dal pisêri
cun la caseta in sò int la bicicleta
ch'al pidaléva strachi int la campâgna
par vèndar saraghini o di marsiun
ghèmbar sardun canöci.
Lasi ch'arcurda la Mari de' pes
e la Sterina: "Pes dòn!"
....
E a vegh véli ranzoni ch'al m'incânta.
Marinai
I pescatori li chiamavano marinai;
erano quelli del Borgo Marina
che è sul lato destro del porto canale.
Restavano in mare anche più di una giornata
e gli si faceva notte.
Erano più le volte che la pesca era magra
ma era festa quando andava bene.
Anche per le donne erano sacrifici
e per i bambini che avevano fame.
E c'erano le reti da riparare
e vele da cucire.
Io, bambino, tutto questo non lo sapevo
e adesso lasciate che vi dica
che non me ne sono mai dimenticato
da quando l'ho saputo.
Lasciate che vi dica anche delle pescivendole
con la cassetta sulla bicicletta
che pedalavano stanche nella campagna
per vendere saraghina e marsioni
gamberi, sardoni e canocchie.
Lasciate che ricordi la Maria del pesce
e la Sterina: "Pesce donne!"
....
E vedo vele arancioni che mi'incantano.
Poesia tratta dal calendario 2019 Un mare che unisce, barche e vele storiche delle marinerie adriatiche, a cura del Circolo Pescatori La Pantofla di Cervia e dello storico locale Renato Lombardi.
Il dipinto racchiuso nell'immagine è di Giuseppe Palanti, artista milanese, pittore urbanista e illustratore che amava ritrarre il mondo dei pescatori, noto a Cervia come e nostár pitór.
Luoghi dell'autore
Tolmino Baldassari, Mino per gli amici, nasce a Castiglione di Cervia (Cas-ciũ d Zìria) nel 1927, ultimo di cinque figli. Qui vive fino all'inizio degli anni '50 poi si trasferisce a Cervia, a Ravenna, a San Pietro in Vincoli e, nel 1962, a Cannuzzo di Cervia, dove trascorre con sua moglie Giuliana tutti gli anni a seguire fino al 2010, anno della sua scomparsa.
Nella sua vita ha lavorato come meccanico, bracciante, è entrato nel mondo della politica facendo il consigliere comunale di Cervia per alcuni decenni e sindacalista nella CIGL.
Una vita semplice che inizia con un ricordo, quella della neve, quando aveva pochi anni, tre o quattro. Un racconto che prosegue con i ricordi di una famiglia, del lavoro, della guerra e di una mamma sempre vicina, dolce e affettuosa, e che fino all'età di novantun'anni ancora gli diceva Babin, fa ben a là in zir pr e’ mònd! (Bambino, fa’ bene là in giro per il mondo!).
Autodidatta, con una vasta cultura classica, diventa uno dei più grandi autori della Romagna.
Le sue raccolte di poesia, scritte in dialetto romagnolo, sono:
- Al progni ṣerbi (Edizioni del Girasole, 1975)
- E’ pianafôrt (Edizioni del Girasole, 1977)
- La campâna (Forum/Quinta Generazione, 1979)
- La néva. Poesie 1974-1981 (Forum/Quinta Generazione, 1982)
- Al rivi d’êria (Il Ponte, 1986)
- Quaderno di traduzioni (Nuova Compagnia Editrice, 1990)
- Òmbra d’luna (Campanotto, 1993)
- I vìdar (Mobydick, 1995)
- E’ zet dla finëstra (Book,1998)
- L’éva (P. G. Pazzini, 2002)
- Se te t’gverd (Pulcinoelefante, 2005)
- Canutir (Raffaelli, 2006)
- L’ombra dei discorsi. Antologia 1975-2009 (a cura di Gianfranco Lauretano, puntoacapo Editrice, 2010)
- Un mònd ch’u s’è stret (edizioni Il Vicolo, 2014)
A dieci anni dalla sua scomparsa, il 18 gennaio 2020, nella Giornata nazionale dei dialetti, vengono ricordate le sue poesie come racconto di un mondo semplice e la sua Stanza ricreata in uno spazio della Biblioteca di Cervia Maria Goia.